Bracciale della discordia

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Immagine dal web

La posizione della Fismic sulla vicenda Amazon: non è controllo
Notizia filtrata erroneamente solo in Italia

Roma, 13 febbraio. Un braccialetto, è bastato un braccialetto a scatenare polemiche e determinare posizioni discordanti o meno. Ma braccialetto per cosa? Non di certo quelli che troveremmo in una boutique del centro, privi della capacità di poter influenzare discorsi, pensieri e campagne elettorali. Qui si parla di un problema inesistente scaturito da un oggetto che ha diviso in due il mare del pensiero con più maestria di Mosè. Cioè un apparecchio brevettato da Amazon per facilitare il mestiere degli addetti ai lavori. Questo apparecchio però ha le sembianze di un collare da braccio, spaventando i più accaniti sostenitori della liberté, fraternité, egalité ma che con questi tre concetti, il braccialetto non c’entra un tubo. Perché, bisogna specificare la modalità di utilizzo del suddetto: le mani vengono lasciate libere, viene reso soltanto più agevole il reperimento del plico da prelevare dagli scaffali, avvertendolo con un segnale sonoro in caso di errore. Trovata geniale, così come anche il sistema di guida a vibrazione per orientare i ciechi. Il brevetto, dunque, aiuterebbe l’operatore a non perdersi in affannose operazioni di confronto visivo.

Ma la reazione a questo dispositivo è stata quasi unanime, decretando un rifiuto del braccialetto nei luoghi di lavoro questo perché porterebbe alla legittimata registrazione dell’operatore sul luogo di lavoro, segnalandone quindi gli spostamenti, i ritmi del suo lavoro e gli eventuali errori. Se all’interno dell’apparecchio ci fosse stato un dispositivo aggiuntivo capace di trasmettere a una centrale aziendale lle notizie circa la quantità o la qualità del lavoro, allora in quel caso sarebbe stato vietato.
Siamo di fronte a una nuova accusa nei confronti del Jobs Act, questa volta di “schiavismo”. Ma il braccialetto non prevede un controllo a distanza, non schiavizza alcun lavoratore, nonostante abbia delle somiglianze con il braccialetto della polizia giudiziaria. E soprattutto, col Jobs Act non c’entra niente, anche se si continua a individuare in questo il quasi diretto responsabile, e non è vero che continui a prevedere la possibilità di controllare i lavoratori da remoto, poiché la norma del 2015, ha solo escluso la necessità di contrattazione preventiva per l’utilizzo degli strumenti che normalmente sono utilizzati dal lavoratore per rendere al meglio la prestazione lavorativa. E’ infatti vietato monitorare a distanza i dipendenti e se il braccialetto avesse avuto questo scopo, non sarebbe stato di certo reso legale. L’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori, infatti, vietava l’installazione di apparecchiature destinate al controllo a distanza della prestazione di lavoro. La norma però prevedeva anche che, nel caso in cui l’installazione fosse stata necessaria per fini legittimi, che non hanno a che fare con il controllo a distanza della prestazione, questa venisse contrattata con le rappresentanze sindacali. Questo in riferimento ai microfono e agli impianti televisivi a circuito chiuso. Oggi, con ‘utilizzo di computer, cellulari e GPS, ciascuno di questi apparecchi sarebbe potenzialmente utilizzabile per il controllo a distanza del lavoro e imporre il divieto di utilizzo per questi apparecchi sarebbe pressoché assurdo.
La modifica effettuata dal Jobs Act alla norma del 1970 consiste nell’aver limitato l’obbligo della contrattazione preventiva agli apparecchi installati con finalità di controllo a distanza.

Siamo di fronte a un caso di analfabetismo funzionale che si estende alla tecnologia, a volte anche inconsapevolmente, a volte seminato da una classe dirigente politica che promuove un pensiero senza indagare, favorendo l’incremento delle cosiddette “fake news”. Perché tale è la notizia che trasforma il braccialetto Amazon in un controllo dei lavoratori, come appunto lo fa un braccialetto giudiziario, assimilandoli quasi a dei robot. Ma i robot di questo apparecchio non avrebbero bisogno, anzi questo brevetto permetterebbe agli esseri umani di lavorare ancora, senza tracciarne l’operato o l’efficienza, si sottolinea. Questo brevetto che contribuisce alla facilitazione del lavoro degli operatori, vuole essere operato anche in altre aziende e siti produttivi in tutto il mondo.
Ma perché invece in Italia si grida allo scandalo e si fa polemica? E’ stata di fatto amplificata e filtrata in modo erroneo soltanto dai nostri media, come se Amazon avesse sede soltanto qui. Non una parola in Francia, Germania o Inghilterra. Colpa dell’analfabetismo funzionale sempre più dilagante e poco giustificabile, a partire dai media che detengono il potere dell’informazione e quindi il potere di creare mostri e robot (più di quanto non faccia Amazon con il “braccialetto della discordia”), inoltre questo analfabetismo anche tecnologico invade anche le poltrone rosse di Montecitorio tant’è che nessuno ha avuto il coraggio o la volontà di uscire fuori da quel coro di uniche voci. In alcuni discorsi politici è possibile trovare anche vaghi riferimenti alle tecnologie più recenti come la realtà virtuale, la realtà aumentata o l’intelligenza artificiale, che però, se impiegate positivamente, non farebbero altro che aiutare il lavoratore a compiere meglio e rapidamente il proprio compito, anche in contesti logistici. Infine, l’evento che ha portato a parlare troppo e male di questa vicenda, sono le imminenti elezioni politiche che devono farci apparire come il povero popolo pronto a difendersi dai tanti attacchi, quelli che vogliono apparire sempre nell’ultima fila sul palcoscenico, il fanalino di coda, il popolo abbandonato e oppresso.

Non ci sarà bisogno di una classe dirigente meno populista e poi preparata? Dalle industrie alle comode poltrone nel centro di Roma.

La Fismic promuove il progresso tecnologico, se volto a finalizzare il benessere sia del lavoro sia se inerente al miglioramento della qualità lavorativa. E qui siamo dinanzi a questo, con la “questione braccialetto”. E in forma minima, quello che avviene, negando e stigmatizzando questo brevetto come una diavoleria malvagia dell’industria 4.0, segue una scia di oscurantismo sempre più dilagante quando c’è la volontà di fare il “bastian contrario”, pur di andare contro qualcosa, contro il “sistema”. Per essere il diverso e la vittima, senza un apparente valido motivo, alimentando l’analfabetismo funzionale di cui sopra, e anche tecnologico. Se le persone vengono spinte a guardare indietro come a un passato più roseo “Si stava meglio quando si stava peggio”, diamo una mano al regresso e all’involuzione, peggiorando la qualità della vita e del lavoro.

Bisognerebbe discutere dell’alleggerimento del carico lavorativo, relazionato alle condizioni fisiche dei soggetti, della gestione dei turni per migliorare i rendimenti e diminuire la fatica degli operatori, piuttosto che scagliarsi contro un braccialetto che magari sta anche bene a chi lo indossa, si ironizza. Soltanto per scagliarsi contro qualcosa o contro qualcuno e incrementare la polemica sul “famigerato” Jobs Act che continua a sconvolgere più della stessa sconvolgente e frantumata nazione Italia. Senza un vero motivo, sulla scia di un tediante populismo, in cui ci troviamo scie chimiche e terrapiattisti.

Il segretario generale nazionale della Fismic Roberto Di Maulo invita a “finirla con questo analfabetismo tecnologico” e prosegue “la tecnologia aiuta il lavoro e la prevenzione degli infortuni. Ad esempio, esistono esempi possibili in alcune fabbriche del bresciano dove l’introduzione, concordata con le organizzazioni sindacali, di numerose telecamere, ha permesso una riduzione di eventi infortunistici anche superiore all’80%. L’industria 4.0 e le macchine che guidano le macchine, impone degli standard diversi e innovativi anche ai comportamenti sindacali.” Conclude Di Maulo, affermando “Per questo ci sentiamo di dissentire profondamente dalle alte grida manzoniane elevate dalla Camusso, Barbagallo e Furlan sulla vicenda dei braccialetti Amazon.”

Di Maria Elena Marsico

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