Il dialogo sociale deve basarsi sulle persone

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Le proposte Confsal.
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In asse datori-lavoratori
Le strategie secondo il segretario generale Angelo Raffaele Margiotta

La persona, le sue esigenze e i suoi bisogni devono essere al centro del dialogo sociale, economico e politico quando parliamo di lavoro. Il lavoratore, la centralità della sua persona, come comune denominatore di un’alleanza tra chi il lavoro lo svolge e chi il lavoro lo organizza. Ce ne parla il segretario generale Confsal Angelo Raffaele Margiotta.

Domanda. La centralità del lavoro e del lavoratore è l’asse portante delle sue proposte sindacali. Il lavoratore però inteso prima di tutto come persona. Di quali diritti è titolare? E quali esigenze ha?

Risposta. Il lavoratore è titolare di diritti collettivi. Noi poniamo in evidenza che dietro il lavoratore ci sia una persona con le sue specifiche esigenze ed aspettative. Alla persona dobbiamo porre piena attenzione, anche quando implementiamo determinati istituti giuridico economici quali la pensione, l’orario, il trattamento di fine rapporto e l’assetto retributivo.

Noi, in Confsal, proponiamo un cambio di paradigma che individua nella compatibilità economica non il fine ma un mero vincolo. Il fine di qualsiasi progetto è la persona con le sue esigenze . Perciò c’è bisogno di implementare quanto più possibile la flessibilità, così che si possa far coincidere la maggiore capacità economica, conferita attraverso il trattamento retributivo, con le maggiori esigenza di spesa di vita. Le scelte che riguardano il lavoro infatti devono – sempre tenendo conto delle regolamentazioni generali – aderire ai progetti di vita e alle esigenze della persona.

D.Quali proposte porterà all’attenzione dell’opinione pubblica?

R.Il valore fondante del lavoro, noi di Confsal lo poniamo al centro della vita sociale ed economica. Bisogna, pertanto, considerare sia chi il lavoro lo svolge sia chi il lavoro lo organizza e lo produce. Questa considerazione, unita al principio di centralità della persona, ci porta inevitabilmente a evidenziare l’elemento del reciproco riconoscimento delle parti (lavoratore e datore) che hanno come comune denominatore il lavoro.

E’ il reciproco riconoscimento che può portare a un’alleanza sociale a difesa dei lavoratori, sia dipendente che autonomo che imprenditoriale. E’ sulla creazione di questa alleanza che si basa la linea della Confsal.

Tra gli scopi di quest’alleanza deve esserci la difesa la ricchezza prodotta – da ciascuno secondo il proprio ruolo – quale base per una contrattazione diversa da quella odierna. Se, insieme, (associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori) ci poniamo l’obiettivo di difendere la ricchezza da noi prodotta potremmo indubbiamente raggiungere la base per una contrattazione di qualità che punta sulla ricchezza di risorse e non sulla ristrettezza della povertà provocata dal pellegrinaggio delle risorse da tempo assorbite dalle tante lobby politiche e finanziarie.

La proposta, quindi, è creare un’alleanza sociale tra coloro che condividono il valore del lavoro affinché tutto ciò che il lavoro dà rimanga a disposizione di chi lo utilizza e chi lo organizza.

D.Come si differenzia la Confsal?

R.La Confsal non è un sindacato ideologico ma professionalizzante, oserei dire educante. Noi non siamo vincolati da dogmi ideologici. Ci proponiamo, infatti, di professionalizzare i lavoratori. Siamo anche consapevoli dell’esigenza di professionalizzare noi stessi in quanto specialisti della difesa del lavoro, e non perseguiamo progetti politici di sorta. Di conseguenza, crediamo nella professionalizzazione del lavoratore e chiediamo il riconoscimento della professionalità che il lavoratore va ad acquisire. In tal senso, siamo particolarmente impegnati attraverso i nostri due fondi interprofessionali Fonarcom e Formazienda che finanziano e garantiscono formazione continua e di qualità. Formazione perseguita da buone prassi destinate ad aumentare il livello di professionalità del lavoratore. Come soggetto contrattuale, invece, prevediamo un riconoscimento specifico del lavoratore, con un apposito corrispettivo economico, man mano che egli arricchisce la propria professionalità.

D.C’è spazio per i giovani, non solo nel mondo del lavoro, dove deve necessariamente esserci, ma nel sindacato?

R.La Confsal non solo tutela chi ha già un lavoro, ma promuove la creazione di nuovi posti di lavoro, in particolar modo punta sull’occupazione giovanile. La Confsalform è un’eccellenza per i progetti formativi rivolti ai giovani. Sono stati già implementati, infatti, progetti in cui le risorse dei fondi vengono indirizzate sull’alternanza scuola lavoro affinché i ragazzi possano, sempre più, avere familiarità con il mondo del lavoro e avvicinarsi all’impresa. C’è bisogno di una formazione comune, sia per i giovani sia per i già impiegati in azienda, poiché spesso i lavoratori hanno il timore che i giovani possano ‘rubare’ loro il posto di lavoro. A questo bisogno rispondiamo con la nostra proposta di “Formazione Intergenerazionale” che fa sì che il giovane venga affidato alle cure del lavoratore che già opera nell’azienda.

Nel sindacato c’è spazio per i giovani? La risposta è sì, ma ci siamo posti un altro problema: perché i giovani dovrebbero interessarsi alla Confsal, al sindacato? Dobbiamo, quindi, rendere il sindacato interessante, visibile e attraente per la platea giovanile.

Se non ci si presenta agli altri dicendo chi si è – questione ontologica -, allora l’interesse non si sviluppa. Se invece nasce l’interesse, allora la questione può diventare metodologica e il giovane può avvicinarsi al sindacato. Per questo dobbiamo far capire ai giovani quali sono gli ideali che portiamo avanti. Sempre per questo la Confsal si impegna attraverso un sistema di accompagnamento al lavoro, collegato a una formazione integrata, con il fine di seguire i giovani già durante il percorso scolastico. Riusciamo così a condividere con loro il reale valore del sindacato.

Lo spazio per i giovani c’è, sicuramente, ma occorre che siano chiare le coordinate di scopo e le finalità: se gli obiettivi Confsal corrispondono agli obiettivi personali, il giovane allora partecipa attivamente all’avventura.

D.L’Europa assumerà sempre più importanza nelle scelte politiche sociali ed economiche. Cosa farà la Confsal per contare di più in questo contesto?

R.Non siamo né europeisti né anti europeisti, ma crediamo in un’Europa riformata. Così com’è congegnata, l’Europa ha perso lo spirito originario ed è diventata autoreferenziale: la troppa burocrazia le ha fatto trascurare gli ideali alla base della sua creazione. Questo dal punto di vista politico. Dal punto di vista concreto, la nostra confederazione ha dato vita a una dimensione europea in quanto aderente al CESI, la confederazione europea dei sindacati indipendenti.

La CESI sta portando avanti un progetto importante: il nostro contributo è orientarla verso il privato impiego. A tal fine, la rappresentanza Confsal in CESI è stata conferita a Roberto Di Maulo, segretario generale del sindacato Fismic Confsal, dei metalmeccanici, emblema della classe operaia. A lui viene affidato il compito di orientare la CESI verso il privato impiego perché, se il lavoro pubblico è la leva del Paese, il privato sviluppa la ricchezza per la sua crescita economica e sociale.

D.Cosa porta con sé della sua lunga militanza in Snals?

R.Lo Snals è la federazione Confsal che rappresenta gli operatori scolastici. A costoro viene affidato il sistema educativo, fondamentale nei settori dello sviluppo e sistema Paese. Nel sistema scolastico bisogna valorizzare il fatto educativo. Ossia, mettere in moto quel processo che si chiama educazione. Nell’ambito dell’educazione c’è poi l’istruzione. La prima senza la seconda sarebbe cieca, la seconda senza la prima sarebbe vuota. L’educazione ha una finalità specifica: la formazione, la maturazione completa della persona. Per far questo, il docente deve tener presente tutte le scienze dell’educazione, dalla didattica alla pedagogia, dalla psicologia che studia la persona nel suo sviluppo cognitivo, meta cognitivo e affettivo alla sociologia che studia l’individuo nella sua relazione con l’altro, all’antropologia che studia l’individuo in quanto essere culturale. Dobbiamo radicare la conoscenza di queste scienze umane – certo, insieme con la conoscenza delle scienze economiche – all’interno del sindacato. Diversamente, non riusciremo a comprendere il fatto educativo e l’essenza professionale della persona. Non riusciremo a rappresentare la persona nel suo essere e nelle sue esigenze. Solo implementando tale metodologia potremo intercettare le domande della persona. Mi viene chiesto cosa porto in Confsal, ebbene, porto la scienza economica, fondamentale per la crescita del ciclo produttivo e la coniugo con le scienze umane che si occupano dello studio della persona. Il fattore umano è ciò che va valorizzato ed è per questo che la nostra proposta complessiva si basa sulla persona. La persona per noi non è un numero, ma una finalità.

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