IL LAVORO ORA E’ A RISCHIO

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Roberto Di Maulo segretario generale Fismic Confsal

Contestati rigidità e aumento dei costi
Sotto esame il decreto legge dignità: la Fismic boccia il provvedimento

Di dignità in passato si è tanto parlato, tanto scritto, da san Tommaso d’Aquino a Kant, passando per Pico della Mirandola. Oggi, di questa condizione ontologica, ce ne parla invece il neoministro Luigi Di Maio, facendola comparire accanto al sostantivo “Decreto”: Decreto dignità.

Ma cosa vorrà raccontarci questo decreto legge? I suoi interventi riguarderanno maggiormente il mondo del lavoro, destando poco entusiasmo, anche per le sue modalità di “nascita” e approvazione, ignorando imprese e sindacati.

Lo scopo che si prefigge è quello di aumentare il numero dei lavoratori a tempo indeterminato a scapito dei precari, perché la parte colpita e affondata dovrà essere quella che riguarda i contratti a termine che passeranno da una durata di 36 mesi a 24, dando una spallata al decreto Poletti del 2014. Inoltre si vedrà l’obbligo di fornire la causale se il contratto supera i dodici mesi, causale abolita dal Jobs Act. Ed è qui che non ci sta il mondo del lavoro, poiché non è sempre possibile giustificare l’assunzione di un dipendente a tempo determinato, e prima dell’eliminazione della causale, erano soliti i lavoratori intentare una causa contro l’azienda. E’ quindi prevedibile che a guadagnarci siano solo gli avvocati.

Altro punto del decreto è quello che vede innalzato anche il costo del licenziamento, aumentando del 50 per cento l’indennizzo minimo oltre a quello massimo per chi viene licenziato senza giusta causa.

E se i contratti a tempo determinato aumentano il loro costo, non vi è alcun incentivo alla trasformazione in contratti a tempo indeterminato. Inoltre ad aumentare sono anche i vincoli che devono essere rispettati dalle agenzie interinali, queste dovrebbero infatti rispettare le regole dei contratti a tempo indeterminato in opposizione al compito svolto dalle agenzie, rischiando una “paralisi delle somministrazioni a termine” come afferma il professor Arturo Maresca.

Ma a questi punti le industrie non ci stanno, ne contestano infatti la rigidità e l’aumento dei costi, con il rischio di avere sempre meno lavoro. Così come non ci sta il sindacato dei metalmeccanici Fismic Confsal. Il segretario generale Fismic Confsal Roberto Di Maulo spiega che “il decreto presentato dal governo non aiuta le imprese e di conseguenza lo sviluppo di una buona occupazione. Di certo non è una manovra che guarda al futuro, semmai un tuffo nel passato e di certo non in positivo. A questo governo manca qualunque idea di politica industriale, come dimostrato dalla vicenda Ilva. Le conseguenze non potranno che essere molto negative per il nostro Paese che è la seconda potenza manifatturiera d’Europa e vede sempre più vicina la concorrente transalpina che invece ha, in Macron, un lucido assertore della necessità di salvaguardare il manifatturiero del proprio Paese”.

Inoltre, prosegue Di Maulo, “il primo atto del nuovo governo avviene per decretazione di urgenza e questo segna un punto negativo per il governo autoproclamato come quello del cambiamento. Nel merito, intervenire per decreto sulla materia del lavoro provoca un’incertezza sugli investitori che rischia di bloccare l’economia”.

Altre norme che preoccupano sono quelle sulla delocalizzazione che rischiano di disincentivare gli investimenti, ma il Presidente del Consiglio Conte, a queste preoccupazioni risponde che il nuovo Governo non è in contrasto con il mondo imprenditoriale, verranno anzi adottate misure per la crescita e per incentivare le imprese. Confindustria afferma che il decreto dignità è il primo vero atto collegiale del nuovo esecutivo, e questo è certamente un segnale negativo per le imprese, proprio quelle che il lavoro lo creano. E se i dati Istat parlano di un mercato del lavoro in crescita, il governo rema in senso contrario. Non daranno una mano alla precarietà.

“Il grave deficit di cultura industriale dei provvedimenti del governo sta nel fatto di fare affidamento su normative che, in quanto tali non solo non sono in grado di produrre meccanicamente i risultati desiderati, ma se indirizzati male possono provocare danni seri. La scelta di affidarsi al dirigismo per governare il mercato del lavoro, in completa assenza di un confronto con le parti sociali e, più ancora l’incertezza e l’imprevedibilità che ne deriva, non può che amplificarne gli effetti negativi” commenta Walter Galbusera presidente della fondazione Anna Kuliscioff.

La preoccupazione inoltre che arriva dal territorio è quella che il decreto dignità possa contribuire alla chiusura delle aziende, creando maggiore disoccupazione. Con la delocalizzazione, si rischia di penalizzare chi è già in difficoltà.

Anche il Presidente di Confartigianato Giorgio Merletti boccia il decreto, per la sua rigidità e i costi che dovranno affrontare le imprese senza concedere benefici ai lavoratori. “Non è così che si favorisce l’occupazione”. Sottolinea inoltre come il diritto a un lavoro dignitoso non si difenda con nuova burocrazia e nuovi costi a carico delle imprese. Quello che occorrerebbe fare, sarebbe puntare sulla qualificazione dei lavoratori. Non sarà un decreto a creare occupazione. Confindustria, Confcommercio, Confartigianato e Coldiretti dicono no al DL Dignità.

I dubbi nascono sugli effetti che in realtà dovrebbero scaturire dalle nuove norme. Come scrive Francesco Cancellato nel suo articolo prendendo in riferimento “i contratti a tempo determinato, che nel 2017 hanno raggiunto il loro massimo storico, superando i tre milioni circa di lavoratori, 537mila nel solo ultimo anno. La diciamo in un altro modo: su 100 nuovi posti di lavoro creati negli ultimi 12 mesi, 1 è permanente, 4 sono autonomi, 95 sono a tempo determinato. Peraltro, su cifre perfettamente in media rispetto al resto dell’Unione Europea, segnale di un mutamento strutturale del mercato del lavoro, che poco dipende dalle leggi italiane”.

“Davvero si pensa che punendo queste scelte occupazionali, aumentandone il costo o le rigidità contrattuali, si potranno magicamente sostituire questi lavoratori con dei posti a tempo indeterminato nuovi di zecca? Oppure saranno solo un po’ di posti a tempo determinato in meno – e magari un po’ di lavoro nero in più – soprattutto dove le imprese sono meno strutturate e capitalizzate?” si chiede Cancellato. Perplessità condivisa dal segretario generale del sindacato Fismic Confsal Roberto Di Maulo che commenta che “bisogna sfatare che il contratto a tempo determinato sia sinonimo di precariato”.

“Chi veniva assunto con quel tipo di contratto – spiega Di Maulo – aveva il pieno rispetto di tutte le regole previste dai contratti applicati in azienda e nel 75per cento dei casi vedeva trasformato il proprio contratto individuale a tempo indeterminato. Inoltre il minore ricorso a contratti temporanei, ma regolari come il tempo determinato e la somministrazione, costringerà chi cerca occupazione a ricorrere a forme di elusione contrattuale come le false partite Iva e il parasubordinato. Paradossalmente il tanto sbandierato strumento contro il precariato indurrà, a prestazioni precarie, centinaia di migliaia di giovani in cerca di occupazione”.

Quello che paventano industrie e sindacati è l’aggravante di creare un periodo di incertezze e di un ritorno al contenzioso. L’ex Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni afferma che il decreto non favorisce gli investimenti in Italia e il lavoro di qualità, introducendo soltanto ostacoli per il lavoro e gli investimenti: “Lasciamo stare la dignità”. Il centro-destra invece legge ignoranza e incompetenza, e Giorgia Meloni afferma che sembra che il decreto sia stato scritto dal Partito Comunista negli anni ’80. Un ritorno al passato, a regole obsolete e costi maggiori. Di Maio parla di “Waterloo”, definendo il suo decreto la Waterloo per il precariato. La speranza però è che lo storico paragone si limiti alla metafora e non porti il Paese di nuovo al 1815.

La conclusione, il sindacalista Di Maulo la dice alla Bartali, “l’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare”

Articolo pubblicato su ItaliaOggi del 10 luglio 2018
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