Di seguito pubblichiamo una sorta di riassunto della Manovra Finanziaria pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 12/12/2018. (fonte IlSole24Ore)
Deficit giù al 2% ma manca l’ultimo ok Ue
Con la correzione da 10,2 miliardi (9 miliardi di riduzioni di spesa rispetto ai programmi, 1,2 miliardi di maggiori entrate), il deficit nominale della manovra è sceso dal 2,4 al 2% per evitare l’avvio della procedura di infrazione. La base di calcolo del deficit è ancorata alla vecchia crescita tendenziale (0,9%), “pericolosamente” vicina all’obiettivo programmatico rivisto che fissa un +1% per il Pil 2019. Il primo elemento di rischio è quindi determinato da una dinamica dell’economia più modesta del previsto. E questo rischio potrebbe rivelarsi concreto già nei prossimi mesi, soprattutto se l’ultimo trimestre 2018 dovesse confermare la crescita negativa già indicata dall’Istat per il periodo luglio-settembre. Per blindare i saldi la manovra «congela» 2 miliardi, una garanzia che vale comunque poco più dello 0,1% del Pil. I conti italiani torneranno sotto l’esame Ue già da gennaio.
Per «quota 100» si parte con 4 miliardi
Dopo l’intesa raggiunta con Bruxelles per evitare la procedura d’infrazione sui conti pubblici, si è sensibilmente assottigliata la dote per il prossimo anno destinata all’attuazione dei pensionamenti anticipati con «quota 100», anche se si irrobustisce quella per gli anni successivi. Nel 2019 si è scesi dagli iniziali 6,7 miliardi destinati al Fondo per le pensioni a circa 4 miliardi. Per il biennio successivo si è invece saliti dagli originari 7 miliardi l’anno a 8,3 miliardi e 8,6 miliardi rispettivamente nel 2020 e nel 2021. Il fondo resta a vasi comunicanti con quello per il reddito di cittadinanza: le risorse eventualmente non utilizzate potranno passare all’altro “serbatoio” o essere utilizzati anche per altre finalità di finanza pubblica. Le misure per rendere operativo il pensionamento con quota 100 (almeno 62 anni di età e 38 di contributi) arriveranno all’inizio dell’anno con un decreto legge.
Per il reddito di cittadinanza dote di 7,1 miliardi
La versione finale della manovra conferma, ma in riduzione, i fondi per pensione e reddito di cittadinanza: l’apposito fondo, da istituire presso il ministero del Lavoro, avrà una dote di 7,1 miliardi per il 2019, poco più di 8 miliardi per il 2020 e 8,3 miliardi per il 2021 (nel testo iniziale lo stanziamento era pari a 9 miliardi a partire dal 2019). Parte di queste risorse sono destinate al potenziamento dei centri per l’impiego: le regioni, infatti, vengono autorizzate ad assumere fino a 4mila unità di personale aggiuntivo per far decollare la nuova misura, e più in generale le politiche attive. Altro spicchio dei fondi stanziati in manovra servirà a finanziare Anpal Servizi spa. La partenza del reddito di cittadinanza è prevista da aprile; le norme attuative, inserite in un dl, dovrebbero approdare sul tavolo del Cdm la seconda settimana di gennaio. Fino all’entrata in vigore del nuovo istituto è in piedi il Reddito di inclusione (Rei).
Banche, rimborsi estesi anche agli azionisti
I commi da 493 a 507, riscritti al Senato, stanziano una dotazione finanziaria di 525 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019-2021, come dote del “Fondo indennizzi risparmiatori” (Fir) per rimborsare i cittadini che hanno subìto un danno ingiusto in relazione all’investimento in azioni di banche poste in liquidazione coatta amministrativa nell’ultimo biennio, usufruendo dei servizi prestati dalla banca emittente o da società controllata. Il nuovo Fir sostituisce quello istituito dalla legge di bilancio 2018. Ma la novità principale è l’erogazione del ristoro in forma diretta senza più l’accertamento del danno da parte del giudice o dell’arbitro finanziario. Ristoro pari al 30% del costo di acquisto, entro il limite massimo complessivo di 100.000 euro per ciascun risparmiatore. La nuova procedura non è in linea con le regole comunitarie.
Scatta subito il taglio del 32,7% alle tariffe Inail
Con effetto dal 1° gennaio 2019 e fino al 31 dicembre 2021 scatta la revisione delle tariffe da versare per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro. La revisione è basata sugli andamenti infortunistici 2013-2015 (con un aggiornamento di vent’anni) e prevede un abbattimento dei tassi medi per le imprese del 32,72%. La riduzione parte da 410 milioni nel 2019 per poi salire a 525 nel 2020, fino ad arrivare a 600 a decorrere dal 2021. Considerando il taglio varato in via provvisoria dal 2014 e sempre prorogato di anno in anno, pari a circa 1,2 miliardi, a regime il minor peso delle tariffe per l’assicurazione obbligatoria diventa ora di oltre 1,7 miliardi. Per le 3,2 milioni di imprese tenute a pagare le tariffe (occupano 23 milioni di lavoratori) il termine di versamento è differito, in prima applicazione, al 16 maggio, con possibile unificazione delle rate, per chi vorrà.
A gennaio sgravi per assumere giovani eccellenti
Da gennaio scatta un nuovo incentivo per spingere le imprese ad assumere giovani “eccellenti”: si tratta di uno sgravio di 12 mesi nel limite di 8mila euro che potrà essere fruito da datori che stabilizzano, nel 2019, laureati tra il 1° gennaio 2018 e il 30 giugno 2019 con 110 e lode (e una media ponderata di almeno 108/110) sotto i 30 anni e in regola con gli studi. L’incentivo scatta anche a chi stabilizza dottorati di ricerca tra il 1° gennaio 2018 e il 30 giugno 2019, entro i 34 anni (i titoli devono essere presi in università statali o non statali legalmente riconosciute). La legge di Bilancio proroga, poi, per il 2019 e 2020, con 500 milioni l’anno per entrambi gli anni (fondi Ue), il bonus occupazione Sud, che consiste in un incentivo fino a 8060 euro su base annua per chi assume, nelle otto regioni meridionali, under 35 o lavoratori senior, purché disoccupati da almeno sei mesi.
Rivalutazione pensioni con 7 fasce
La rivalutazione delle pensioni superiori a tre volte il minimo (sopra i 1522 euro mensili) scatterà nel prossimo triennio e sarà articolata su sette nuove fasce di importo (la prima con rivalutazione completa) e nuove percentuali di copertura rispetto alle quattro prevista fino alla fine di quest’anno. Il nuovo decalage parte dal 97% per la fascia di reddito compresa tra 3 e 4 volte il minimo e si riduce fino al 40% per le pensioni superiori a nove volte il minimo. Previsto inoltre un contributo di solidarietà quinquennale sulla quota retributiva degli assegni pensionistici più elevati (cosiddetti “d’oro” o di “platino”). Il taglio scatta sugli assegni superiori ai 100mila euro lordi annui ed è del 15% fino a 130mila euro lordi annui per poi salire al 25% tra i 130.001 e i 200mila euro, al 30% fino a 350mila euro, al 35% tra i 350.001 e i 500mila euro ed arrivare al 40% sotto quest’ultima soglia.
Formazione ok, resta solo l’Iper con tre aliquote
Gli incentivi di impresa 4.0 cambiano volto e perdono qualche pezzo. Non viene infatti prorogato il superammortamento per l’acquisto delle macchine tradizionali, mentre cambia l’iperammortamento fiscale per i beni digitali che viene prorogato nel 2019: al posto della sola aliquota al 150% ne entrano 3 che premiano con maggiori sconti gli investimenti di taglia minore delle Pmi. Anche il credito d’imposta per la formazione 4.0 viene esteso alle spese di formazione sostenute nel 2019 e anche in questo caso gli sconti sono modulati in base alla dimensione delle imprese, favorendo le più piccole. Tutte le agevolazioni di impresa 4.0 non hanno bisogno di decreti attuativi e quindi saranno subito in vigore. Viene invece ridimensionato il credito di imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo e si rifinanzia la “Nuova Sabatini”.
Fondi ridotti ma la sfida è avviare i cantieri
Il presidente del Consiglio e il ministro dell’Economia si sono affrettati a dire che non ci sarà nessun taglio alle risorse per gli investimenti nel 2019 e che la riduzione di 2,2 miliardi del fondone Mef per le Pa centrali non avrà conseguenze perché le risorse saranno recuperate da fondi europei. Nessuno ha spiegato però perché nella prima stesura della manovra – quella precedente all’accordo con Bruxelles – il governo avesse considerato una priorità della manovra proprio questo fondo di nuova istituzione caricato con 9,4 miliardi nel triennio, poi ridotti a 3,6 miliardi mentre per il 2019 si è passati da 2.900 a 740 milioni. Si conferma invece l’apparato di nuove cabine di regia e strutture pubbliche di progettazione che dovrebbero dare più solidità al rilancio. Ma proprio qui è la vera sfida per il governo, riuscire a spendere in fretta le risorse stanziate e far ripartire una macchina che da anni si muove al rallentatore.
Ecotassa fino a 2.500 € e bonus fino a 6mila €
Ecotassa dalle auto di lusso fino a quelle medie, anche per finanziare l’ecobonus su quelle elettriche e ibride il cui prezzo ufficiale di listino non supera i 50mila euro (Iva esclusa). Il tutto a partire dal 1° marzo e fino al 31 dicembre 2021. Previsto anche un contributo per l’acquisto di moto e motorini elettrici. Ma in realtà il meccanismo bonus malus per le auto non è così semplice.: l’elenco dei modelli coinvolti richiede riflessioni più articolate. E molte modalità attuative andranno chiarite dal decreto ministeriale attuativo e dalle circolari. L’ecotassa minima sarà di 1.100 euro e varrà per la fascia di emissioni 161-175 g/km. Oltre i 250 si pagano 2.500 euro. Quanto all’ecobonus, ci sono un’esclusione per i modelli con prezzo superiore a 50mila euro (Iva esclusa) e una graduazione secondo il livello di emissioni di CO2 e il fatto che si rottami o meno una vettura di classe Euro da zero a 4.
Flat tax al 15% per un milione di partite Iva
I commi da 9 a 11 estendono il regime forfettario, con imposta sostitutiva al 15%, ai contribuenti che hanno conseguito nell’anno precedente ricavi o compensi, fino a un massimo di 65.000 euro. Con l’estensione del forfettario vengono anche semplificati i requisiti di accesso. In primo luogo il tetto dei 65mila euro è unico per tutte le partite Iva e sostituisce i precedenti valori soglia dei ricavi/compensi percepiti, fissati tra 25.000 e 50.000 euro, differenziati sulla base del codice ATECO che contraddistingue l’attività esercitata. Saltano inoltre i due limiti di spesa di 5.000 euro lordi per lavoro accessorio, lavoro dipendente e per compensi erogati ai collaboratori, il tetto di 20mila euro al costo complessivo dei beni strumentali. Con i commi da 17 a 22 sale l’aliquota al 20%, per gli imprenditori individuali, gli artisti e i professionisti con ricavi fino a 100mila euro.
Saldo e stralcio solo con Isee fino a 20mila €
I commi da 184 a 199 aprono la strada al decimo condono del Governo. Il cosiddetto saldo e stralcio prevede una definizione agevolata dei debiti derivanti dall’omesso versamento di Irpef e Iva delle persone fisiche che versano in una grave e comprovata situazione di difficoltà economica, ossia che hanno un Isee fino a 20mila euro. Sarà possibile definire il capitale, le sanzioni e gli interessi con il pagamento di un forfait pari al 16% se l’Isee del nucleo familiare non supera gli 8.500 euro, al 20% con Isee compreso tra 8.500 e 12.500 euro e al 35%, se l’Isee è superiore a 12.500 euro ma sempre nel tetto dei 20mila euro. Per aderire occorre presentare apposita istanza entro il prossimo 30 aprile. Si salda in unica soluzione entro il 30 novembre 2019, o a rate: 35% (novembre 2019), 20% (marzo 2020), 15% (luglio 2020), 15% (marzo 2021) e 15% a luglio 2021. Alle rate si applicano interessi al 2% annuo.
Web tax del 3% su piattaforme, pubblicità e dati
I commi da 35 a 50 istituiscono un’imposta del 3% sui servizi digitali dovuta da chi presta servizi con un ammontare complessivo di ricavi pari o superiore a 750 milioni di euro, di cui almeno 5,5 milioni realizzati nel territorio italiano per prestazione di servizi digitali. L’imposta, che sarà operativa non prima di aprile 2019, va versata entro il mese successivo a ciascun trimestre e si applica ai servizi di veicolazione su un’interfaccia digitale di pubblicità mirata, nel caso di un servizio di messa a disposizione di una piattaforma digitale multilaterale, che consente agli utenti di essere in contatto e di interagire tra loro, anche al fine di facilitare la fornitura diretta di beni o servizi (il marketplace tipico di Amazon, eBay o Alibaba), nel caso di un servizio di trasmissione di dati raccolti da utenti e generati dall’utilizzo di un’interfaccia digitale.
Addio alle gare, c’è l’affidamento diretto
Operativo subito, dal 1° gennaio, il comma 912 dell’articolo 1 che consente alle amministrazioni pubbliche di agire in deroga al codice degli appalti e di assegnare con affidamento diretto (quindi senza neanche una gara informale) lavori, forniture e servizi di importo fino a 150mila euro. L’unico obbligo per le stazioni appaltanti sarà una consultazione con almeno tre operatori economici, senza che però ci siano vincoli di pubblicità e di rispetto di criteri predefiniti (come avviene appunto nelle gare informali). Il Sole 24 Ore ha stimato che saranno cancellate circa 15mila gare (10mila nel settore dei lavori e altre 4-5mila nel settore dei servizi di progettazione e ingegneria) passando all’affidamento diretto. Un duro colpo alla trasparenza. Operativa subito anche la norma che consente la procedura negoziata con consultazione di 10 operatori per la fascia fra 150mila e 350mila euro.
Turn over al 100% ma ingressi al via a novembre
Il turn over ordinario cresce al 100% anche nei ministeri e nel resto della Pubblica amministrazione centrale, permettendo di dedicare ai nuovi ingressi il totale dei risparmi determinati dalle uscite dell’anno precedente. Questi ingressi da turn over ordinario dovranno aspettare il 15 novembre per la presa effettiva in servizio, con una sospensione che permette di risparmiare 100 milioni di euro sul 2019. Lo stop non riguarda i concorsi già autorizzati e relativi agli spazi resi disponibili dal vecchio turn over. E sarà evitato anche dalle assunzioni extra nei ministeri (Giustizia e Ambiente in primis) e nelle forze dell’ordine, finanziate da un fondo straordinario da 870 milioni per i prossimi tre anni (130 milioni per il 2019). Altri 1,1 miliardi servono per confermare gli aumenti temporanei e pagare indennità di vacanza contrattuale e la «specificità» delle forze di sicurezza.
Imu, Tasi e Irpef. Tornano libere le aliquote locali
Torna per gli enti locali la possibilità di aumentare le aliquote dell’Imu, della Tasi e delle addizionali Irpef. La manovra evita infatti di confermare anche per l’anno prossimo il congelamento del fisco locale introdotto nel 2016, quando il governo Renzi ha abolito la Tasi sull’abitazione principale. In concreto, la possibilità di aumentare le aliquote riguarda circa l’80% dei Comuni, ma lontano dalle grandi città dove sia l’Imu-Tasi sia l’addizionale Irpef sono già arrivate al livello massimo previsto dalla legge. La leva fiscale è quindi azionabile in particolare dai Comuni piccoli e medi, soprattutto al Nord dove il livello medio delle aliquote è ancora più basso. Confermata invece la maggiorazione Tasi (fino a 0,8 per mille) nei Comuni che già l’hanno applicata in questi anni.
(Fonte IlSole24Ore)
3 Gennaio 2019
Segreteria Generale
FISMIC CONFSAL