Lo sviluppo aiuta il clima

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Roberto Di Maulo segretario generale Fismic Confsal

Se deve puntare sul progresso delle tecnologie

“Chi protesta, chi ha il cuore di impegnarsi in prima persona, senza violenza merita tutta l’ammirazione di chi, come me, ha vissuto tutta la vita impegnandosi in prima persona per cambiare in meglio le cose” queste le parole del segretario generale Fismic Confsal Roberto Di Maulo in riferimento alla mobilitazione “There is no planet B” del 15 marzo.

Domanda. Cosa ne pensa del movimento che ha portato in piazza milioni di giovani in tutto il mondo con il motto “We don’t have time. There is no planet B”?

Risposta. Per dirla in uno slogan: “Io sto con Greta, ma contro i gretini”. Fuor di battuta, trovo coinvolgente e straordinario un movimento capace di portare in piazza in quattro continenti centinaia di migliaia di giovani senza violenza, ma con entusiasmo, sorrisi e un grande spirito di fraternità. Nessuno dopo il maggio del ’68 era riuscito a tanto e il fatto che tutto sia stato mosso da una giovanissima adolescente di Stoccolma conferisce al movimento carattere di simpatia immediata. Chi protesta, chi ha il cuore di impegnarsi in prima persona, senza violenza merita tutta l’ammirazione di chi, come me, ha vissuto tutta la vita impegnandosi in prima persona per cambiare in meglio le cose. Quindi sto con Greta e trovo sinceramente odiosi gli haters che le si sono scatenati contro.

D.E allora perché dice che è contro i “gretini”?

R.Perché anche stavolta siamo nella classica lotta della produzione contro la protezione, come ho avuto modo di scrivere recentemente parlando della Tav e del reddito di cittadinanza. In questo caso si parte da un problema vero – la tutela dell’ambiente – con toni che diventano catastrofisti e pensare di “lanciare sotto terra i combustibili fossili” e cambiare il modello di sviluppo in soli dieci anni è una follia. Oggi la produzione di energia nel mondo dipende per il 74% dai combustili fossili e la domanda di petrolio è in continua ascesa, avendo superato i 100 milioni di barili al giorno nel 2018. Per quanto riguarda invece le fonti alternative rimarranno stabili l’idroelettrico (8%) e il nucleare (5%). Cresceranno in modo importante le fonti alternative (solare, eolico, biomassa, etc.) che passeranno dal 4 al 14% da qui al 2030. Se dovessimo dare retta all’estremismo ambientalista lasciando sottoterra tutti i combustibili fossili come da slogan della splendida Greta ci ritroveremmo a pagare un kilowatt di energia elettrica per le nostre case, un valore equivalente a un mese di stipendio di un lavoratore. In realtà, lo sviluppo attuale e i ritmi di crescita dei consumi sempre più energivori richiederebbero un approccio più moderato e riflessivo rispetto a un problema vero, la tutela dell’ambiente, che non può essere affrontato in modo radicale e impetuoso.

D.Come affrontarlo?

R.Penso all’Africa, all’America Latina, a vaste zone dell’Asia, a molti Paesi dell’est ex-comunista: se non avessero accesso in futuro ai combustibili fossili sarebbe per loro impensabile puntare a un livello di sviluppo in grado di fargli superare la povertà in cui sono costretti a vivere larghissimi strati della popolazione. In realtà vanno fatti investimenti ingenti in tecnologia per accorciare i tempi di crescita della produzione di energia dai rinnovabili. Ad esempio, basta pensare alla necessità di dotare gli accumulatori di energia di pale così grandi in grado di immagazzinare l’energia prodotta per far sì che non si disperda.

D.Cosa pensa della c.d. ecotassa?

R.Tutto il male possibile, non solo e non tanto perché si favoriscono i produttori esteri di automobili e si danneggia la Fca, ma soprattutto perché si demonizzano produzioni diesel che hanno un bassissimo rilascio di CO₂. E non si tiene in nessun conto delle motorizzazioni a gas metano e Gpl che hanno un rilascio pari a zero. Ecco cosa penso quando dico che sono conto i gretini, a coloro che, come il governo italiano, prende misure gretine solo per la ricerca di popolarità priva di contenuti reali di salvaguardia dell’ambiente. Penso invece tutto il bene possibile delle migliaia di volontari che passano il week-end a pulire le spiagge, i parchi, le strade dall’invasione di tonnellate di plastica monouso abbandonate da un malcostume consumistico senza fine.

D.Lo sviluppo richiede una scelta di vita per coniugare ambiente e crescita?

R.Restiamo alla plastica. Giusto un anno fa il governo Gentiloni varava il famigerato provvedimento che fa pagare un centesimo le sportine dei supermercati per portare a casa frutta e verdura. Contro quel provvedimento ci fu una sollevazione popolare che, al di là delle fake news sulla fabbrica della zia di Renzi che avrebbe prodotto le buste, spostò una parte dell’elettorato proprio alla vigilia delle elezioni del 4 marzo 2018. Ebbene se si vuole cambiare il pianeta quella è invece la strada, tassare e vietare la plastica monouso, raccolta differenziata, minor consumo di acqua e luce spegnendo interruttori e chiudendo i rubinetti, aumentare i costi degli sprechi e favorire la metanizzazione e i termovalorizzatori, ridurre la dipendenza dall’importazione di petrolio.

D.Quindi il cambiamento climatico parte da noi stessi, impegnandoci in prima persona?

R.Esatto, ma per farlo bisogna rendersi disponibili ad alcune rinunce alle comodità fornite nel nostro quotidiano dallo stile di vita consumistico. E smetterla con l’egoismo. Forse abbiamo dimenticato tutti che i gilet gialli che incendiano Parigi hanno iniziato la loro lotta (che non ci piace) proprio contro le misure anti inquinamento che aveva introdotto Macron in Francia. Forse non ricordiamo che i ‘No Tap’ volevano impedire di sondare l’Adriatico per utilizzare giacimenti di gas metano di cui quel mare è ricco. Forse non abbiamo presente che l’analisi costi/benefici di Toninelli sulla Tav fondava il suo centro sulle necessità di continuare il trasporto merci sui Tir invece che su rotaie. Quando si entra in strumentalizzazioni di questa natura non posso non avere un moto di simpatia per il viso pulito di Greta, ma essere fortunatamente contrario ai gretini. Altrettanto emblematica nel nostro paese la vicenda dei termovalorizzatori: senza una diversa cultura che abbandoni l’utilizzo a basso costo della plastica monouso (tassando fortemente il consumo come avviene in larga parte d’Europa, Australia e in Brasile), senza un ciclo di raccolta differenziata vera le nostre città saranno sommerse dai rifiuti che, senza la costruzione di termovalorizzatori che sono osteggiati dalle follie degli ambientalisti stessi, è inutile pensare ad un mondo più pulito.

La scommessa persa a Taranto sull’Ilva è altrettanto emblematica in quanto Di Maio ha autorizzato l’incremento della produzione di acciaio senza vincoli altrettanto certi agli interventi di risanamento ambientale.

D.E in conclusione?

R.La considerazione finale è che il mondo non si salva impedendo lo sviluppo, ma anzitutto puntando al progresso delle tecnologie. Impedire lo sviluppo aumenterebbe, paradossalmente, il divario tra paesi ricchi e paesi poveri. Puntiamo quindi su tecnologie in grado di garantire un processo graduale e realmente egualitario del passaggio all’utilizzo di nuove forme di energia, meno costose e più pulite. Negli ultimi anni, paesi energivori come Usa e Cina hanno diminuito le emissioni inquinanti prodotte da idrocarburi grazie alle innovazioni tecnologiche e organizzative e, grazie a una maggiore sensibilità ai temi ecologici unita a ingenti investimenti sulle reti infrastrutturali dei trasporti, dell’industria e dell’energia. È per questa via che salveremo il pianeta e respireremo aria più pulita di quella del secondo dopoguerra a metà del Novecento. Senza più paure dei “limiti dello sviluppo”, ma pensando a “sviluppare i limiti” e per far questo ben vengano le Greta in buona fede, ma ricacciando indietro i gretini del No Tav, No Tap, No Triv, No Vax che marciano verso il futuro camminando all’indietro.

Lo sviluppo aiuta il clima