L’Europa deve progredire, diventando sempre di più un’unione di popoli. Sono le parole di Roberto Di Maulo, vicepresidente Cesi e segretario generale Fismic Confsal all’annuncio dei nuovi nomi alla guida dell’Unione europea.
Domanda. Eletta la nuova dirigenza europea, qual è il ruolo dell’Italia in Europa?
Risposta. Fermo restando che la Fismic è un sindacato autonomo dai partiti politici, è doveroso esprimere un giudizio sull’andamento delle elezioni per spiegare nel migliore dei modi il ruolo dell’Italia in Europa, anche in considerazione del ruolo di vicepresidente della confederazione europea dei sindacati indipendenti (Cesi).
Da anni ormai si è instaurata nel nostro paese la preoccupante tendenza di non scegliere coscientemente a chi affidare la propria preferenza politica. Gli italiani votano con la pancia e non con la testa, come dimostrato dai continui cambi di direzione che si sono verificati nelle ultime tornate elettorali e che danneggiano sicuramente la nostra credibilità internazionale. La campagna elettorale che hanno svolto i politici italiani in occasione delle elezioni europee è stata una gara per l’affermazione del proprio partito e le persone non sono riuscite a capire che era importante destinare il proprio voto a chi sarebbe stato in grado di collaborare nel migliore dei modi in Europa.
Il risultato delle recenti elezioni europee ha tagliato fuori l’Italia dai grandi giochi in Europa. Delle quattro cariche più importanti della dirigenza, all’Italia è stata affidata la meno incisiva con David Sassoli che è stato eletto con merito presidente del Parlamento europeo, ruolo che ci rende comunque orgogliosi. L’Italia si sta muovendo sempre di più verso una posizione di isolamento, dato che per il ruolo di Presidente della Commissione europea si stava convergendo verso la scelta dello spitzenkandidaten olandese Frans Timmermans ma l’Italia ha posto il veto insieme al gruppo di Visegrad. A mio parere un grande errore strategico dato che il portavoce del partito socialista europeo sarebbe stato eletto con una piattaforma politica fortemente favorevole al nostro paese, essendo disposto a interpretare in modo flessibile le regole di Maastricht. Per il ruolo di presidente della Commissione è stata eletta Ursula von der Leyen che ha fatto un discorso sicuramente interessante e pregnante ma è importante ricordare che propose in passato il massimo rigore nei confronti della Grecia, addirittura avanzando la proposta di espropriare i fondi in oro della Banca centrale ellenica.
Far prevalere sempre le ragioni dello schieramento politico rispetto alla politica degli interessi mi sembra un grave errore commesso dal nostro presidente del Consiglio, come continuare ad allearci in Europa con paesi come quelli del gruppo di Visegrad fortemente contrari a una politica di flessibilità che invece è essenziale per un paese come il nostro.
Forte la presenza di donne nella dirigenza, lei che cosa ne pensa?
È molto interessante che per le due cariche più rilevanti della dirigenza europea siano state incaricate due donne, Christine Lagarde che sarà presidente della Banca centrale europea e Ursula von der Leyen per la presidenza della Commissione europea. La presidente tedesca ha chiesto agli stati membri, che proporranno le altre presidenze della Commissione, che ci sia una parità di genere (una donna per ogni uomo). Ed è molto importante dato che le donne riescono sempre a dare un contributo innovativo nell’affrontare le questioni politiche.
Quali saranno gli obiettivi della nuova dirigenza europea?
È molto interessante l’impostazione che ha voluto dare Ursula von der Leyen al ruolo di presidente della Commissione europea. Il discorso che ha tenuto nell’aula del Parlamento europeo è stato molto proiettato verso il futuro, fissando degli obiettivi che l’Europa ha bisogno di raggiungere. La presidente si è spesa molto e con convinzione sull’impatto ambientale, non come da speculazioni delle testate giornalistiche italiane che l’hanno accusata di fare dichiarazioni di principio per avere a favore il voto dei verdi. Ursula von der Leyen si è impegnata a far diventare l’Europa il primo continente climate-neutral del mondo, riducendo le emissioni di CO2 del 55% entro il 2030. Ovviamente sono dinamiche costose e la presidente ha proposto di indirizzare parte delle risorse europee per sostenere le politiche ambientali.
Sono molto d’accordo con la sua linea di unione commerciale per essere in grado di reggere la concorrenza con Cina, Russia e Stati Uniti. Credo che l’Europa debba essere unita e superare, anche attraverso accordi multilaterali, la stupida idea dei dazi tra Cina e Stati Uniti che deprimono soltanto l’economia mondiale. Sono condivisibili anche le sue idee molto chiare sul rispetto dei diritti civili nei paesi interni all’Unione europea e in Russia. Per quanto riguarda il nostro paese, Ursula von der Leyen è molto ferma sulla regolarità dei conti pubblici e sulla necessità dell’Italia di ritornare a un deficit più contenuto, ma credo che alla fine si possa arrivare ad un giusto compromesso in termini di flessibilità se i nostri governanti, in particolare Savini e Di Mauio, cambiano il loro approccio verso l’Europa permettendo all’Italia di tornare a rivestire quel ruolo di protagonista che abbiamo sempre avuto fino alla scorsa legislatura.
La nuova presidente della Commissione europea ha citato nel suo discorso di investitura un programma di salario minimo per tutti gli stati membri, lei cosa ne pensa?
Quella del salario minimo è un’idea molto suggestiva ma anche abbastanza controversa. Rispettare ugualmente un valore di salario minimo in tutta l’Unione europea è complicato dato che in questo momento è molto diversificato tra gli stati membri, si va dai circa 2,5€ in Ungheria fino ai quasi 10€ in Germania. Soprattutto non sono uguali le politiche che permettono di raggiungere un determinato valore di salario minimo. In Italia, per esempio, diventerebbe un’altra operazione di sussistenza dopo quella del reddito di cittadinanza, non essendo accompagnata da politiche attive del lavoro che permettano una maggiore giustizia fiscale a favore dei lavoratori dipendenti e dei pensionati, l’emersione del lavoro subordinato e la lotta alla criminalità, per citarne alcune.
E per quanto riguarda l’emergenza immigrazione?
Innanzitutto bisogna sottolineare che viene trasmessa molta più paura di quello che invece è la realtà. Credo che sicuramente ci sia bisogno di ritornare a una linea politica ora invece spezzata che prevedeva il rafforzamento dei confini esterni e investimenti per i paesi più poveri che possa garantire possibilità di sviluppo. Questa linea che negli anni scorsi aveva iniziato a contrastare l’immigrazione clandestina e fuori controllo è stata interrotta dai paesi del gruppo Visegrad che hanno rifiutato la suddivisione degli immigrati in percentuale tra i diversi paesi europei. La crescente ondata populista e sovranista in Italia e in Austria ha ulteriormente indebolito la possibilità di rivedere le norme del trattato di Dublino e ha lasciato da soli i paesi geograficamente maggiormente esposti all’immigrazione (Grecia, Italia, Malta e Spagna). Per il futuro, ma anche per il presente, servirebbe maggiore coraggio e minore egoismo nell’affrontare il problema dal punto di vista collettivo, ripristinando una marina europea che presidi i confini. Rivitalizzando Frontex per esempio. E che svolga il compito che oggi viene svolto dalle Ong che sono costrette a vagare per il Mediterraneo meridionale per evitare che si moltiplichino i naufragi e le morti in mare.
In materia di immigrazione vorrei porre l’attenzione sul nostro paese. In questo momento è molto facile viaggiare, anche per i nostri giovani grazie alle molteplici opportunità che offre l’Unione europea come l’Erasmus, gli scambi interculturali o semplicemente il libero spostamento. È quindi possibile rendersi conto facilmente che la situazione in Italia non è sicuramente allarmante dato che rispetto agli altri paesi ha una percentuale di persone immigrate decisamente più bassa. Personalmente mi trovo spesso a Bruxelles, dove il 50% dei bambini inferiore ai 14 anni sono figli di genitori di nazionalità diversa e mi sembra invece che in Italia sia un fenomeno molto marginale. Credo che in questo momento sia importante saper riconoscere le fake news, per esempio sentiamo spesso che Malta potrebbe accogliere più persone di quante ne accolga attualmente, ma la realtà è che ha una percentuale di persone immigrate quasi più alta dei residenti.
In conclusione, di che cosa ha bisogno l’Europa?
L’Europa deve andare avanti, diventando sempre di più un’unione di popoli. Mi piacerebbe avere fra 5 anni la possibilità di votare un partito europeo che presenti un programma comune dal Portogallo fino alla Finlandia e che unifichi con idee e valori 500 milioni di abitanti che oggi invece sono chiusi dentro confini troppo piccoli. Questo anche per poter competere in materia di economia a livello globale.
Bisogna dare una specializzazione ai fondi strutturali europei e aumentare le sanzioni per i paesi che non rispettano i diritti civili, non possiamo sopportare chi reprime le libertà individuali che sono fondamentali per l’espansione della cultura e di conseguenza della possibilità di comprendersi. Abbiamo bisogno di un’Europa, come ha detto nel suo discorso di investitura il neo presidente del Parlamento europeo David Sassoli, che sia in grado di ritornare a quel rinascimento che ha permesso al nostro continente di essere il precursore di grandi avvenimenti per l’umanità come per esempio la conquista dei nuovi mondi. Per permettere tutto ciò, occorre una grande spinta culturale che tutti i paesi membri sono in grado di dare.
Dobbiamo riuscire a donare speranza ai nostri giovani, come sta facendo la Cesi mettendo a disposizione diversi spazi per permettere ai ragazzi di condividere le loro esperienze e sono iniziative fondamentali per la crescita individuale. Le parole di chi vorrebbe il ripristino delle frontiere interne dell’Unione europea non dovrebbero nemmeno essere prese in considerazione, non solo sarebbe un grave danno per l’economia Italiana ma soprattutto impedirebbe alle persone di essere libere di viaggiare e conoscere le altre realtà.