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Lo sciopero non è sempre la risposta

Roma, 12 novembre. Sulla manovra finanziaria del Governo, la FISMIC, insieme alla CONFSAL che partecipa al tavolo di confronto con il ministro Giorgetti e con il primo ministro Meloni, da un giudizio parzialmente positivo, pur considerando che la manovra economica non è quella espansiva di cui il Paese avrebbe avuto bisogno per rilanciare l’economia e produrre risultati ancora più apprezzabili sul versante dell’occupazione, soprattutto quella giovanile, delle donne e del Mezzogiorno.

Pur con questi limiti, dovuti alle ristrettezze finanziarie e dal necessario rispetto dei vincoli posti dal Patto di Stabilità, la manovra fornisce risposte positive a delle richieste che la CONFSAL ha avanzato:  tra le luci ci sono l’operazione sul cuneo contributivo e sull’Irpef (ora reso pluriennale e quindi vicino alla strutturalità che avevamo da sempre richiesto), l’innalzamento della no tax area per i lavoratori dipendenti a 8500 euro, l’azzeramento delle tasse sui fringe benefit fino a 1.000 euro per chi è senza carichi familiari, la proroga della detassazione al 5% dei frutti della contrattazione decentrata, l’intervento su famiglia e natalità, i 13 miliardi stanziati su Sanità e PA nel prossimo biennio, 2 dei quali in busta paga per compensare la vacanza contrattuale. Sono tutte grandi questioni per le quali il nostro Sindacato e le altre OO.SS. si sono da sempre battuti e che trovano risposte, sebbene parziali, come sulla Sanità, ma comunque di segno positivo.

Tra le cose negative e da migliorare esiste anzitutto il mancato aumento delle pensioni minime, pensioni su cui vanno apportati correttivi nelle penalizzazioni su quota 103, sul taglio delle rendite del personale sanitario, dei maestri e dei lavoratori degli enti locali. Chiediamo maggiore flessibilità, una pensione di garanzia per i giovani, rafforzare Ape Sociale e Opzione donna. Servono più risorse su sanità, istruzione e pubblico impiego, dove va ripristinato il turn over e le stabilizzazioni del precariato. Chiediamo il ripristino integrale del fondo pluriennale automotive, che ha subito un taglio di 4,6 MLD, il quale riteniamo assolutamente inaccettabile e incompatibile con l’obiettivo di sostenere il comparto automotive e il processo di transizione energetica.

Il settore automotive è in una profonda crisi, e, per sostenerlo, come Fismic Confsal riteniamo necessario richiedere interventi straordinari anche sui costi degli ammortizzatori sociali; che attualmente costituiscono una ulteriore causa di licenziamento per i lavoratori. Il settore Automotive ha bisogno impellente di risorse aggiuntive, come avvenuto durante la pandemia da Covid-19. Tuttavia, crediamo che l’arma dello sciopero generale, come portato avanti da CGIL e UIL, sia sbagliata e basata su un’impostazione solo politica di contrapposizione al Governo che non condividiamo.

Se il Sindacato perde il valore dell’autonomia dalla politica rischia di cambiare il suo stesso connotato che ha fatto, nella storia recente, essere il Sindacato un baluardo a difesa dei lavoratori e della democrazia.

Per questi motivi il 29 non parteciperemo allo sciopero generale, il quarto in quattro anni proclamato dai due sindacati e che si è rivelato nelle scorse edizioni un flop di partecipazione dei lavoratori e rischia di fare diventare il Sindacato tutto completamente ininfluente in un momento in cui la crisi dettata dalla transizione ecologica e dai grandi scontri sul terreno geopolitico tra USA e Cina richiederebbe invece un forte movimento sindacale unitario e protagonista di un cambiamento che non deve essere pagato dai lavoratori dipendenti.

Continueremo, insieme alla CONFSAL, a convincere il Governo e le forze politiche per ottenere ulteriori modifiche sulle parti insoddisfacenti della legge Finanziaria che non condividiamo. A partire dall’incontro con il Ministro Urso, fissato per il 14 del mese, chiederemo con determinazione il ripristino integrale del fondo pluriennale per l’automotive e risorse urgenti per proteggere tutti i lavoratori della componentistica che rischiano di esaurire gli ammortizzatori sociali.