(ICHINO) LA POLITICA DEL LAVORO E DEL WELFARE DEL GOVERNO M5S-LEGA

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Immagine dal web

Ad integrazione di quanto già pubblicato lo scorso venerdì sul Contratto di Governo di Lega e 5 stelle (https://www.fismic.it/2018/05/18/contratto-di-governo-le-prime-considerazioni/) pubblichiamo, di seguito, un approfondimento relativo ai capitoli 13 (Lavoro), 16 (Pensioni) e 18 (reddito di cittadinanza) ripreso integralmente dalla newsletter del Prof. Pietro Ichino

Link: http://www.pietroichino.it/?p=49507

CAPITOLO 13 – LAVORO

  • SALARIO MINIMO DI LEGGE: In questo capoverso la sola novità di qualche rilievo è costituita dalla previsione divieto del praticantato totalmente gratuito negli studi professionali. Invece l’istituzione del salario orario minimo per i settori non coperti da un contratto collettivo nazionale applicabile era già prevista, in forma di delega legislativa al Governo, nella legge n. 183/2014 (c.d. Jobs Act); sta di fatto, però, che la delega non è stata esercitata, a causa dell’opposizione congiunta di confederazioni sindacali maggiori e Confindustria.
  • RIDUZIONE DEL CUNEO FISCALE: La riduzione del “cuneo contributivo” è già stata disposta in modo strutturale e incisivo dalla legge di bilancio 2018 per i primi tre anni di lavoro dei giovani a tempo indeterminato, cumulabili con un precedente periodo di apprendistato. Una ulteriore riduzione graduale, questa volta a carattere universale, è prevista anche nel programma del Pd.
  • RIPRISTINO DEI VOUCHER: Anche questa è una previsione opportuna, mirata a correggere la drastica restrizione operata nell’aprile 2017 su iniziativa del Governo per evitare il referendum abrogativo dei “buoni lavoro” promosso dalla Cgil. Va osservato, però, che in quell’occasione il M5S non soltanto non prese posizione contro il referendum promosso dalla Cgil, ma consentì che diversi suoi parlamentari prendessero posizione a sostegno di esso.
  • RIFORMA DEI CENTRI PER L’IMPIEGO: Anche questa è una previsione opportuna, mirata a correggere la drastica restrizione operata nell’aprile 2017 su iniziativa del Governo per evitare il referendum abrogativo dei “buoni lavoro” promosso dalla Cgil. Va osservato, però, che in quell’occasione il M5S non soltanto non prese posizione contro il referendum promosso dalla Cgil, ma consentì che diversi suoi parlamentari prendessero posizione a sostegno di esso.
  • CONTRASTO ALLA PRECARIETA’: Capoverso condivisibile, ma formulato in modo troppo generico. Salta all’occhio la (prevedibile e prevista) rinuncia alla reintroduzione dell’articolo 18 St.lav. in materia di licenziamenti, proposta dal prof. Tridico, fino a poche settimane fa candidato in pectore del M5S alla guida del ministero del Lavoro (su quella proposta il M5S era profondamente diviso al proprio interno).
  • FORMAZIONE PROFESSIONALE: Al pari del precedente, questo capoverso è condivisibile, ma formulato in modo troppo generico. Salta all’occhio il silenzio sulla questione cruciale della rilevazione a tappeto dei tassi di coerenza tra formazione impartita e sbocchi occupazionali effettivi: questa è la prima cosa concreta da fare, e non sarebbe difficile farla; ma incontra grandi resistenze negli apparati che gestiscono la formazione.

CAPITOLO 16 – PENSIONI

  • ABOLIZIONE SQUILIBRI INTRODOTTI DALLA FORNERO – COSTO 5 MILIARDI: L’unico significato possibile dell’espressione “categorie ad oggi escluse” è “lavoratori non appartenenti alla categoria dei prestatori di lavoro usurante, per i quali è già prevista la possibilità di pensionamento anticipato. La previsione, dunque, è proprio quella dell’abrogazione della riforma Fornero del dicembre 2011. Senonché questa abrogazione costerebbe molto, molto di più di cinque miliardi l’anno. La previsione deve intendersi dunque nel senso dello stanziamento di cinque miliardi per consentire ai sessantenni di andare in pensione prima. A spese delle generazioni successive, sulle quali pesa già il carico enorme del debito pubblico italiano, accumulatosi soprattutto a causa di una spesa pensionistica scriteriata.
  • QUOTA 100: L’attuazione di questa previsione significherebbe che, per esempio, una persona che abbia incominciato a lavorare o a studiare all’Università a 18 anni, i cui eventuali periodi di sospensione dell’attività siano coperti da contribuzione previdenziale figurativa (come previsto da sempre per la Cassa integrazione, malattia, il trattamento di disoccupazione o di mobilità) o volontaria (come previsto per il periodo di studi universitari) potrebbe andare in pensione a 59 anni, anche avendo svolto un’attività sedentaria e non fisicamente faticosa. Ma questo, come già detto, oltre a deprimere ulteriormente il nostro tasso di occupazione nella fascia di età >60, che è già patologicamente basso rispetto ai Paesi del centro e nord-Europa, costerebbe diverse decine di miliardi l’anno. Per non dire del costo indiretto costituito dall’aumento degli interessi sul nostro debito pubblico, conseguente al ritorno a un aumento incontrollato del debito pubblico, che potrebbe essere superiore rispetto al costo diretto della misura proposta.
  • PROROGA OPZIONE DONNA: Vale a questo proposito la stessa considerazione di carattere finanziario svolta in riferimento ai due capoversi precedenti.

 

 

CAPITOLO 18 REDDITO E PENSIONI DI CITTADINANZA

  • SOSTEGNO AL REDDITO: Va detto preliminarmente che, se è limitata alle persone in stato di bisogno e condizionata alla loro disponibilità ad attivarsi in funzione dell’inserimento nel tessuto produttivo, l’uso del termine “reddito di cittadinanza” è tecnicamente scorretto: questo termine indica infatti un sostegno del reddito incondizionato ed esteso a tutti, ricchi e poveri, occupati e disoccupati, per il solo fatto di essere cittadini. Ciò che viene proposto è invece un ampliamento della platea dei beneficiari a un quasi raddoppio quantitativo di un sussidio già in funzione in Italia: il Reddito di Inserimento (ReI). Così stando le cose, non si può non concordare su di un progetto di ampliamento e rafforzamento dello strumento specificamente destinato al contrasto alla povertà; ma occorrerebbe capire dove verranno trovati i 17 miliardi che si intendono stanziare. O nuove tasse (ma questo sembrerebbe escluso dal progetto della “flat tax”, pure presente nel programma di governo M5S-Lega), o forte aumento del debito pubblico (ma questo è certamente escluso dai vincoli europei).
  • POTENZIAMENTO CENTRI PER L’IMPIEGO: La previsione di un robusto investimento sulle politiche attive del lavoro costituisce di per sé un fatto positivo. Ma qui il problema più difficile da risolvere non sta nel reperimento dei fondi necessari, bensì nel difetto di capacità di implementazione pratica, sul piano della funzionalità concreta dei servizi. Su questo punto il programma M5S-Lega non dice nulla.
  • PENSIONE DI CITTADINANZA: Questa misura comporta un aumento del 50 per cento circa delle pensioni minime, il cui costo sarebbe di molti miliardi. Valgono in proposito le osservazioni di natura finanziaria esposte in riferimento alla proposta del reddito di cittadinanza.