Il pluralismo è a rischio

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Da sciogliere il nodo della rappresentatività

Il sindacato chiede un incontro ai capigruppo di Camera e Senato per discutere la questione economico-politica del Paese.

Secondo il sindacato è tempo di agire, proprio per questo il sindacato autonomo dei metalmeccanici Fismic Confsal chiede un incontro ai capigruppo di Camera e Senato. Occorrono interventi più robusti se si vuole rilanciare la crescita”.

Nella richiesta di incontro, la Fismic Confsal inoltre, denuncia che è in atto un tentativo, ritenuto antidemocratico e anti Costituzionale, di cambiare le regole che fino a ora hanno retto il sistema di relazioni industriali escludendo una larga fetta di lavoratori, pensionati e alcune importanti associazioni datoriali dal novero di coloro che possono svolgere il ruolo fondamentale di ogni sindacato, ovvero la contrattazione. Questo tentativo trova il suo punto massimo nella convenzione stipulata lo scorso settembre tra Inl, Inps, Confindustria, Cgil Cisl e Uil. Tale convenzione pretenderebbe, anche a detta del ministro del Lavoro Nunzia Catalfo, di essere la base di una futura legge sulla rappresentanza e sulla rappresentatività. Se così fosse, si produrrebbe un inammissibile vulnus rispetto al dettato Costituzionale.

Detta convenzione, infatti, cristallizza, quasi fino a normarla, o a pretendere di farlo, la situazione di oligopolio in favore di alcune organizzazioni sindacali, a discapito dei sindacati autonomi e quindi in spregio della libertà sindacale costituzionalmente tutelata.

Non si comprende su quali basi una sola associazione datoriale e tre organizzazioni sindacali dei lavoratori possano pattiziamente regolamentare, cambiando “le regole del gioco”, e andare a colmare un gap normativo, inserendo dei criteri assolutamente non condivisi con gli altri soggetti allo stato titolari dei loro stessi diritti. L’adozione di tali criteri è produttiva di effetti distorsivi in quanto sono parziali e non oggettivi ed omogenei, contrariamente a quanto si prefiggono nelle premesse le parti contraenti la convenzione.

La verifica della rappresentatività compartiva effettuata in relazione a un’unica organizzazione datoriale all’interno di un settore in cui si sovrappongono una pluralità di organizzazioni datoriali, come sovente accade (ad esempio Confindustria e Confcommercio), produce chiaramente un dato complessivo distorto ed errato, in quanto non tiene conto della effettiva rappresentatività nello specifico settore.

Non si capisce poi perché il discorso di rappresentanza e rappresentatività voglia essere legato, in ambito legislativo, al tema del salario minimo. La Fismic Confsal ritiene che le attuali proposte di leggi giacenti in Parlamento sul salario minimo siano incongrue non già perché non occorra un intervento legislativo a favore del crescente esercito di lavoratori occupati con part-time involontario, working poor e molte altre forme che non garantiscono condizioni ottimali, ma perché intendono – attraverso la definizione del salario minimo – creare un monopolio della rappresentanza tramite l’estensione erga omnes dei contratti giudicati maggiormente rappresentativi auto concordata da Confindustria, Cgil Cisl e Uil. Ricordiamo che per l’estensione erga omnes, occorre che venga applicato l’art.39 della Costituzione per intero e non solo per i commi che convengono. Occorre quindi che i sindacati abbiano personalità giuridica, in mancanza di questo non può esserci la stipula di contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce.

L’art.36 della Costituzione già garantisce efficacemente una rete di tutela attraverso l’interpretazione che dà la Magistratura di retribuzione che permette un’esistenza ‘libera e dignitosa’ che di solito viene traslata dai contratti maggiormente applicati.

Il principale elemento di criticità risiede nella trasformazione in legge dei criteri di misurazione della rappresentanza individuati dall’accordo interconfederale. L’individuazione a livello legislativo del perimetro di misurazione della rappresentanza nel settore merceologico (metalmeccanico, alimentare, chimico etc.) è incostituzionale per violazione del comma 1 dell’art.39 della Costituzione, che sancisce la libertà sindacale. Infatti, il legislatore non può arbitrariamente individuare un perimetro di misurazione perché libertà sindacale significa che il sindacato decide autonomamente quale è il suo perimetro di azione e rappresentanza. L’unico perimetro non arbitrario e perciò conforme alla Costituzione è l’azienda, semplicemente perché l’organizzazione sindacale, che potrebbe ignorare il settore merceologico, non può prescindere dalla concreta struttura aziendale per organizzarsi. In un sistema di libertà sindacale i protagonisti hanno il diritto di scegliersi i propri interlocutori con i quali costruire il futuro delle imprese e dei lavoratori.

Il dumping contrattuale non si risolve con l’eliminazione della libertà sindacale. Esistono realtà che non sono rappresentate da Cgil Cisl e Uil che non possono quindi arrogarsi l’egemonia sull’intero mondo del lavoro. Teniamo bene a mente che ad oggi non esistono dati certi sulla consistenza numerica delle organizzazioni sindacali, non è quindi del tutto arrogante da parte di Fim, Fiom e Uilm dichiararsi in partenza le uniche rappresentanze “valide” o “esistenti”?

La libertà di associazione fa apparire la questione della soggettività collettiva, come un elemento costitutivo della regolamentazione dei rapporti di lavoro capace di influenzare le condizioni economiche del paese. La pretesa di voler “inquadrare” i lavoratori e le lavoratrici in un unico contenitore normativo e politico con continui accordi, tesi a restringere, di fatto, le libertà sindacali di chi si colloca al di fuori di Cgil, Cisl e Uil e Confindustria può finire, dunque, per soffocare definitivamente quel pluralismo che, indubitabilmente, costituisce la linfa vitale di ogni democrazia compiuta. Così facendo si distrugge, contemporaneamente, l’idea stessa di sindacato democratico e si va, a grandi passi, verso forme di “totalitarismo sindacale”. L’obbiettivo non dichiarato è quello di distruggere il pluralismo o confinarlo a soli tre singoli soggetti sindacali e un unico schieramento politico. Di fronte a questo fatto non ci sono proteste, tutti fingono di non accorgersene.

La pericolosità di questo disegno dovrebbe, invece, apparire evidente poiché rappresenta il tassello decisivo di un piano, non a caso, definito autoritario e che sta dando origine a una democrazia sindacale “bloccata” in grado, cioè, di garantire ai soli sindacati cosiddetti confederali il monopolio della rappresentanza di fronte ai datori di lavoro associati a Confindustria.

Al fine di contrastare in modo efficace il tentativo in atto di creare un monopolio nella rappresentanza datoriale e sindacale, che cambierebbe il corso del nostro sistema di relazioni industriali in palese contrasto con il dettato Costituzionale, la Fismic Confsal insieme al Fali (sindacato maggioritario in SKF Italia) intende costituire una salda unità di azione tra tutti i sindacati liberi e autonomi che oggi vengono discriminati.

L’estensione erga omnes (cioè un solo contratto per tutti i lavoratori di ciascun settore) è prevista dall’art. 39 della Costituzione a patto che, come recita il dettato costituzionale “L’organizzazione sindacale è libera [cfr. art. 18]. Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge. È condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a base democratica. I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce.” Ovverosia, devono essere rispettate integralmente tutti i commi dell’art. 39 e in particolare quello che recita che il sindacato debba essere registrato e avere personalità giuridica.

“Oggi questa condizione è rispettata solo per quanto riguarda la registrazione e l’ordinamento a base democratica, mentre è assolutamente non rispettata per quanto riguarda la personalità giuridica. Infatti oggi nessun sindacato, almeno per quanto ne sia a conoscenza, rispetta il criterio di avere personalità giuridica” dichiara il segretario generale Fismic Confsal Roberto Di Maulo. Non a caso l’Alta Corte Costituzionale già nel 1959 bocciò un tentativo di legge sulla rappresentanza che prevedeva l’erga omnes (legge Locatelli) proprio con un pronunciamento, tutt’ora valido, di assenza di criteri da parte sindacale rispetto al dettato costituzionale decretando la prevalenza della libertà di associazione e quindi di potere di stipula contrattuale rispetto alla possibilità di estendere a tutti i lavoratori un solo contratto per settore.

In seguito numerosi pronunciamenti della giurisprudenza hanno anche affermato l’arbitrarietà di definire il contratto nazionale di settore (ad esempio il metalmeccanico, ecc.), proprio perché la definizione di settore non ha alcun fondamento giuridico per stabilire la perimetrazione contrattuale o, meglio ancora, la definizione di maggiore o minore rappresentatività.

Pertanto la Fismic Confsal considera prive di alcun fondamento le considerazioni fatte dal ministro Catalfo a margine della presentazione della convenzione Inps Inl Confindustria Cgil Cisl Uil, quando ha affermato “Ora è tempo di dare attuazione alla parte seconda dell’art. 39 della Costituzione”.

“Caro ministro la nostra Costituzione, soprattutto la parte prima, non è un carciofo da sfogliare per prendere la parte che più piace; o si attua per intero o la sua parziale applicazione non è prevista dal nostro ordinamento” conclude Di Maulo.

002_ItaOggi 21012020