La pandemia si sta rivelando non solo una crisi nel settore della sanità ma anche una crisi economica e sociale. Se è vero che il virus non fa alcuna discriminazione, è anche vero che alcuni saranno colpiti più duramente di altri specialmente nel lungo termine: un numero sempre più significativo di giovani lavoratori viene lasciato a casa senza lavoro e senza sostegno.
Anche prima dell’attuale crisi, molti giovani erano già in circostanze precarie. È anche noto che un calo della domanda di lavoro ha maggiori probabilità di colpire i più vulnerabili come i giovani, soprattutto in un periodo già dominato da sentimenti di incertezza, instabilità e insicurezza. Secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), i giovani hanno circa il doppio delle probabilità di essere disoccupati rispetto agli adulti. Dopo la recessione globale nel 2009, l’occupazione degli adulti è cresciuta ininterrottamente, ma il numero di giovani occupati si è contratto di oltre il 15%.
A questa immagine si aggiunge ora senso di disperazione e mancata speranza. Difatti, i giovani lavoratori sono molto più pessimisti riguardo alle loro prospettive di lavoro. Se non agiamo, la situazione potrebbe anche peggiorare sia nel breve che nel lungo periodo. Pertanto, sono necessarie nuove politiche per garantire ai giovani un futuro di lavoro migliore.
I giovani e, in particolare, i lavoratori a basso salario saranno colpiti in modo sproporzionato da licenziamenti connessi ai danni economici causati dal virus. I giovani sono una grande percentuale di lavoratori in settori come ristoranti, alberghi, servizi di assistenza, commercio al dettaglio e trasporti. Settori che sono stati duramente colpiti dal Covid-19 con un maggior rischio di perdita di posti di lavoro.
Istruzione e lavoro sono pilastri fondamentali che devono essere salvaguardati. L’incrocio università/lavoro e gli stage sono stati annullati e quelli che lavoravano con contratti precari o attraverso stage non ricevono alcun aiuto per contrastare gli effetti della crisi. Si stanno perdendo quelle opportunità essenziali che fanno rete e aiutano a trovare lavoro. Nel prossimo futuro il rischio è che il numero di persone che non sono né occupate né nell’istruzione o nella formazione sia estremamente elevato. Nel 2018, il 21,2% dei giovani (a livello globale) non era né impiegato né nell’istruzione e nella formazione (fonte: OIL), quindi possiamo solo immaginare di quanto questo dato possa crescere post-pandemia.
Il caso Italia
I numeri: Secondo l’Istat, solo il 49,7% dei lavoratori con meno di 24 anni e il 61% dei lavoratori tra i 25-34 anni sono ancora impiegati nei settori rimasti attivi durante la crisi. Combinando le due categorie, stiamo parlando di 3 milioni di lavoratori su un totale di 15 milioni 576 mila. Ciò significa che solo il 23% circa lavora ancora. Un numero molto basso se si considera che prima dell’epidemia il numero di giovani impiegati nella fascia 15-34 era superiore a 5 milioni, circa il 39,4%.
Molti giovani lavoratori hanno forme di lavoro considerate fuori dallo standard (tirocinanti, somministrati, contratti a termine, etc.). Queste categorie sono state, sin dall’inizio dell’emergenza, e rimangono ancora, particolarmente colpite dalle misure restrittive e sono state lasciate senza sostegno: un palese caso di ingiustizia sociale. Si tratta di un gran numero di tirocinanti sia nel settore pubblico che in quello privato, lavoratori temporanei il cui contratto è scaduto e quelli che non erano impiegati per il leasing del personale e che erano impiegati da aziende utilizzatrici. Fino ad ora nessun sostegno o aiuto è stato dato a questi giovani lavoratori.
Centinaia di migliaia di giovani lavoratori, ogni mese si trovano in questa spiacevole condizione (stime di centri studi accreditati calcolano in almeno 150.000 al mese coloro che perdono il lavoro). Non essendo tecnicamente licenziati questi giovani non possono accedere alla Naspi e alla Dis-coll e avendo avuto un reddito nel periodo precedente non possono neanche usufruire delle numerose indennità, quali reddito di cittadinanza ed emergenza che potrebbero alleviare le loro difficoltà in questo periodo drammatico. Senza considerare il danno che ha il sistema Paese che sta perdendo risorse già formate.
Proprio per questo la Fismic Confsal ha scritto al Governo per richiedere degli interventi urgenti e mirati per far sì che le richieste di giovani lavoratori lasciati senza alcun tipo di protezione economica e prospettiva di lavoro siano accolte.
Che cosa fare?
Gli stati nazionali e l’Unione Europea stanno rispondendo con pacchetti di aiuti volti a fronteggiare alcune delle immediate difficoltà economiche. Ma man mano che la crisi si esaurisce, è necessario pensare seriamente e accuratamente a cosa accadrà nel lungo termine. Abbiamo teso a rendere “normale” il lavoro precario e ora stiamo subendo il contraccolpo, ma i giovani sono pienamente consapevoli che il lavoro precario non è normale e che è assolutamente necessaria un’azione chiara per migliori condizioni di lavoro. È necessario attuare misure per fornire una maggiore e migliore protezione sociale e giuridica.
I giovani sono stati anche profondamente colpiti dalla fermata della mobilità e dei programmi di interscambio (es. Eramus). Questi programmi offrono grandi opportunità di crescita di cui i giovani sono ora privati. Pertanto, dobbiamo trovare rapidamente soluzioni per abbattere le barriere ed essere in grado di mantenere vivo il libero scambio.
Il ruolo del sindacato
I sindacati, le istituzioni e le misure del governo vengono guardati dai giovani con disillusione e sospetto. Il sentimento generale è quello di un mondo troppo distante da quello dei giovani lavoratori. Troppo spesso i sindacati sono stati bloccati in un approccio tradizionale verso un mondo che invece sta cambiando, e lo fa per giunta a una velocità tremenda. Pertanto, gli interventi sono stati ritenuti inadeguati rispetto a come i giovani lavoratori desiderano o immaginano la propria vita lavorativa. I giovani si sentono quindi inascoltati e bloccati in una situazione in cui vengono prese decisioni per loro seguendo un vecchio sistema ormai superato.
Il cambiamento continuo deve essere prima accettato e affrontato come tale. Non possiamo pensare di trattare nuovi sistemi, nuove organizzazioni attraverso l’implementazione di vecchi strumenti che sono stati fatti su misura per quel rispettivo vecchio sistema. Dobbiamo proporre una nuova serie di strumenti su misura. Non è più possibile evitare il coinvolgimento della voce dei giovani. Siamo quelli che dovrebbero guidare il cambiamento. È necessario riconnettersi con i soggetti che rappresentiamo e i giovani ne sono parte integrante. È fondamentale comprendere veramente quali sono le esigenze da affrontare, le opportunità da creare e il sostegno da fornire.
Il nostro ruolo di sindacato è quello di facilitare le discussioni con i giovani, facendo emergere le loro necessità, fornendo mezzi migliori con cui tutte le parti della società possano accedere alla formazione, allo sviluppo e all’occupazione. Dobbiamo spingere per una protezione aggiuntiva per i giovani lavoratori, programmi migliori, una reale politica attiva del lavoro e misure di stimolo al fine di sviluppare opportunità, guidare il cambiamento in una direzione positiva e prospera con strumenti adeguati al caso.
La posta in gioco dopo la pandemia è davvero alta e non possiamo permetterci di perdere di vista una gran parte della popolazione, i giovani, che sono il nostro futuro.
Di Sara Rinaudo
Segretario nazionale Fismic Confsal
Board member CESI youth